E’ da un po’ di tempo che mi ronza in testa questa domanda… Stavo rileggendo gli appunti del corso da terapeuta del comportamento, mi sono soffermata sulle definizioni e l’argomento a cui erano collegate e la domanda è nata da sola: quando la vocazione di una razza e l’attitudine del soggetto combaciano, il cane è più felice?
Partiamo dalle definizioni:
– la vocazione è la specializzazione di una razza che porta all’eccellenza determinate aspettative e motivazioni;
– la motivazione, invece, è ciò che l’individuo cerca nel mondo. Ogni specie nasce con un retaggio motivazionale di tendenze da esprimere con particolari comportamenti: è direttamente legato alla sopravvivenza della specie. L’ontogenetica, poi, attraverso il valore profondo della relazione con l’altro, la conoscenza delle motivazioni di specie, a portare all’eccellenza la componente motivazionale nell’animale;
– l’attitudine, invece, riguarda il singolo soggetto. È la disposizione naturale a mettere in atto determinate abilità oppure una determinata funzione economica (come succede, ad esempio, in zootecnia). Anticamente era anche sinonimo di opportunità, occasione.
Tornando alla domanda che mi ronza in testa, cerchiamo di analizzare le variabili che possono comporre la risposta.
In primis: vocazione e attitudine combaciano sempre? Dipende. Luigi me lo ripeteva spesso e ha sempre avuto ragione: dipende dal cane e dalla sua genetica, ma dipende anche dal suo vissuto e della relazione tra cane e proprietario. Nella visione mentalista, l’innato si realizza tramite l’appreso, ma se chi è all’altro capo del guinzaglio non conosce il suo cane o non capisce chi sia nel profondo e da dove venga (le sue origini, insomma), frustra una componente fondamentale. Questa frustrazione può essere fonte di problemi e disagio, che il cane esprime con comportamenti mal indirizzati o con espressioni eccessive, prive di autocontrolli.
Possiamo quindi affermare che esistano cani in cui i due elementi non combaciano? Si, è possibile. Ma è più frequente che una certa vocazione e tutte le motivazioni ad essa collegate non vengano sperimentate e conosciute dal cane, perché l’ontogenetica – il vissuto quotidiano – non è correttamente indirizzata verso la conoscenza delle caratteristiche che possiede l’animale. Esistono quindi cani a cui non è data la possibilità di sperimentare e conoscere e quindi di apprendere.
E se i due elementi combaciano, il cane è più felice? Io ritengo di si.
Conoscere le motivazioni di razza, disciplinandole, permettere al cane di scoprirsi e conoscersi come soggetto diverso da noi, è una parte fondamentale della “ricetta” per un cane equilibrato. Allargare l’orizzonte motivazionale rende il cane un soggetto adeguato al mondo e quindi felice.
La risposta alla domanda è si, quando vocazione di razza, qualsiasi essa sia, anche nel meticciamento, combacia con l’attitudine del soggetto, il cane è più felice e la relazione con il suo proprietario diventa uno straordinario cammino da percorrere insieme.
Francesca
[Foto: Elisa Mengozzi]